Panchina del parco, confusa nel verde
del parco cittadino, rivolta ad occidente,
dove il sole tramonta e tra i monti si perde
lasciando per terra lunghe ombre spente
Testimone silente di amori appena nati.
Ospitato hai gli abbracci, raccolto l'ardore,
di giovani innamorati, di teneri fidanzati,
di coppie di amanti, frementi d'amore.
Quanti giuramenti, quante bugie sussurrate
Quante promesse, quante grandi illusioni
Quanti progetti, quante speranze coltivate
Quante lacrime, quanti amari bocconi
Il tuo ospite adesso è un uomo derelitto
è solo, non ha casa e non ha famiglia
ha perso ogni suo avere, ogni diritto
ad un umano più non rassomiglia
Lacero, sporco, dei suoi stracci vestito
La barba incolta, ma lo sguardo fiero
L'aspetto scarno e il corpo denutrito
Il viso smunto e pallido come un cero.
Le labbra arse e nelle ossa ha il gelo
Il freddo invade il suo misero cuore
Su di te stende il suo sacco a pelo
perché è ora assalito dal torpore.
Pochi sono gli oggetti che lui reca
in quella sdrucita sacca rattoppata
Sono i ricordi di una sorte bieca
che gli ha dato una vita scombinata
Se tu, nelle tue aride fibre di legno,
per un supremo incanto del creatore,
trattenuto hai per magico disegno
il calore di quelle estasi d'amore,
cedine un poco al povero tapino
affinché possa scaldare il suo cuore,
che addolcisca il suo crudo destino,
che trovi nei suoi sogni un po' d'amore.
R. Margareci
16-12-2013
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