lunedì 23 dicembre 2013
Natale del '43 a Roma
Le mille luminarie di cui gli alberi sono adorni
Le insegne iridescenti dei neon dai mille colori
Disegnano nel cielo stelle dai preziosi contorni
Bianche fumate, irreali arabeschi, scintillanti fiori
Giù dalla piazza Vittorio, dove c'è il mercato
s'alzano, alte ed insistenti, grida di imbonitori
Di festoni e leccornie ogni banco è dotato
L'aria si riempie di persistenti nuovi odori
Gli odori inebrianti ed aspri degli agrumi
si spandono giungendo alle narici
mescolandosi al profumo dei dolciumi
recando ai tuoi sensi attimi felici
Senti che vengon da dentro il giardino
le voci gioiose dei bimbi e delle madri
Impiegano le vacanze del Natale vicino
giocando a mosca cieca o a guardie e ladri
Dalla Ciociaria ecco arrivare i musici pastori
col dolce suono del flauto e della cornamusa
Sono in tre e con le pecore vengono da fuori
Una tradizione che da sempre a Roma si usa
Bastava poco a recare un sorriso, un po' di gioia
Si aveva poco, ma era viva in noi la fantasia
Or che agli agi siamo abituati, spesso ci si annoia
Si vuol sempre di più con crescente bramosia
Voglio chiudere gli occhi e tornare col pensiero
a quando ben poco avevo e di molto ero senza
quando vedevo tutto più giusto e più vero
e nel cuore avevo tantissimi sogni e l'innocenza
R. Margareci
23-12-2013
sabato 21 dicembre 2013
Come nasce l’amore
Amore non si insegna, amore non si impara
Amore si trasmette, come un virus benefico.
Amore lo succhiamo, assieme al latte materno.
Amore cresce in noi ad ogni gesto d'amore
che ci viene profuso.
Ma se amore ci manca e non ci viene dato
l'amore che in noi, si ricopre di una crosta di indifferenza
che impedisce che esso possa crescere ed espandersi.
Il nostro cuore si atrofizza ed i sentimenti buoni
vengono aggrediti e soffocati da quelli brutti.
L'invidia, le gelosie, la diffidenza cercano di far morire
questo nostro povero amore.
Ma non muore ne morirà mai.
E' li, come fuoco soffocato, che cova sotto la cenere
e basta un soffio di tenerezza che ti può dare chi ti ama
per farlo divampare, più vigoroso di prima.
R. Margareci
21-12-2013
lunedì 16 dicembre 2013
Amori e povertà
Panchina del parco, confusa nel verde
del parco cittadino, rivolta ad occidente,
dove il sole tramonta e tra i monti si perde
lasciando per terra lunghe ombre spente
Testimone silente di amori appena nati.
Ospitato hai gli abbracci, raccolto l'ardore,
di giovani innamorati, di teneri fidanzati,
di coppie di amanti, frementi d'amore.
Quanti giuramenti, quante bugie sussurrate
Quante promesse, quante grandi illusioni
Quanti progetti, quante speranze coltivate
Quante lacrime, quanti amari bocconi
Il tuo ospite adesso è un uomo derelitto
è solo, non ha casa e non ha famiglia
ha perso ogni suo avere, ogni diritto
ad un umano più non rassomiglia
Lacero, sporco, dei suoi stracci vestito
La barba incolta, ma lo sguardo fiero
L'aspetto scarno e il corpo denutrito
Il viso smunto e pallido come un cero.
Le labbra arse e nelle ossa ha il gelo
Il freddo invade il suo misero cuore
Su di te stende il suo sacco a pelo
perché è ora assalito dal torpore.
Pochi sono gli oggetti che lui reca
in quella sdrucita sacca rattoppata
Sono i ricordi di una sorte bieca
che gli ha dato una vita scombinata
Se tu, nelle tue aride fibre di legno,
per un supremo incanto del creatore,
trattenuto hai per magico disegno
il calore di quelle estasi d'amore,
cedine un poco al povero tapino
affinché possa scaldare il suo cuore,
che addolcisca il suo crudo destino,
che trovi nei suoi sogni un po' d'amore.
R. Margareci
16-12-2013
Testardo
Non mi lusingano apparenze preziose
Non mi blandiscono false parole
Non mi scalfiscono invidie velenose
Amo chi agisce alla luce del sole
La pioggia mi bagna, il vento mi asciuga
Indifferente al mondo che ho attorno
Nessun timore può mettermi in fuga
Delle critiche non m'importa un corno
Proseguo imperterrito per la mia strada
Nessun ostacolo fermerà il mio cammino
Qualunque cosa faccia, ovunque io vada
Per unica guida, avrò il mio destino.
R. Margareci
16-12-2013
giovedì 12 dicembre 2013
Morte di un soldato italiano in Russia
Avanza Mario,
affondando i piedi nella neve alta.
Ha per divisa degli stracci inadeguati
che non lo proteggono dalle intemperie.
La sua maglia di lana grezza gli irrita e punge la pelle,
ma non gli da nessun calore, nessun tepore.
I suoi piedi avvolte nelle pezze fradice,
prigionieri di vecchi scarponi chiodati,
sono intirizziti.
Avanza Mario,
avanza nella neve.
Sulle spalle porta il suo fucile ed uno zaino
con le sue poche, povere cose.
Avanza Mario
ed assieme a lui, muti fantasmi
avanzano i suoi compagni, morti viventi
nel deserto ghiacciato di un suolo straniero.
Di tanto in tanto accanto a lui, qualcuno cade.
Ma ormai non ci si ferma più !
Avanza Mario,
ormai febbricitante, il delirio l'assale.
Anela al suo casolare, al caldo del camino di casa sua.
Desidera sorseggiare una bevanda calda
che sciolga il ghiaccio che lo invade
e che sta giungendo al suo cuore.
Il suo pensiero alla famiglia,
al sole della sua terra, al suo mare.
Sogna l'abbraccio della sua donna, ecco la vede:
E' la ! E' la !
E' la, sull'uscio, che lo attende con le braccia aperte !
Anche Mario apre le sue per rispondere all'abbraccio.
Ma si affloscia e cade.
Sono le braccia della Morte, che lo accolgono in un sonno eterno.
Non avanza più Mario !
Addio Mario, soldato italiano, morto lontano dalla tua Patria, in suolo straniero disperso nella sconfinata pianura russa !
R. Margareci
12-12-2013
Il Sogno e la Realtà
Premessa
Quando la prepotenza di qualcuno, che cerca di sottomettere un suo simile, la ribellione e una sacrosanta ragione, ma spesso ciò non è sufficiente, perché la giustizia non è di questo mondo e non prevale la ragione, ma la potenza fisica o economica.
Cosa può far allora chi è schiavizzato, oppresso ed impotente a potere reagire se non rifugiarsi nel sogno !
Nel sogno si rifugiano gli schiavi delle piantagioni di cotone e dal loro sogno nascono gli spirituals, meravigliosi canti in cui essi, con la schiena curva a raccogliere il cotone, ma con il volto rivolto al cielo cantano ed invocano il divino con note pervase di tristezza e nostalgia per un passato di libertà perduto, ma anche un canto di gioia per un futuro che non vedono, ma è pieno di speranza. Speranza per un futuro migliore.
Speranza per un futuro da uomini liberi.
Nel sogno si rifugiano i prigionieri deportati nei campi di concentramento durante la seconda guerra mondiale, nel meraviglioso film “Train de Vie”, per sfuggire all’incubo di una prigionia piena di soprusi fisici e morali, ai quali la mente non può adattarsi, senza perdere il senno.
Il Sogno e la Realtà
Lungi da me la frenesia del mondo
Non voglio vivere tra questa gente
che prende tutto e non lascia niente
ignorando chi passa a loro attorno
Sfruttamento, profitto, speculazione
stanno torchiando l’uomo indifeso
Alla giustizia non si da alcun peso
Chi è povero, non avrà mai ragione
Voglio sperare in un tempo migliore
Voglio sognare un mondo più bello
Dove il fratello rispetti il fratello
Dove regni soltanto gioia e amore.
Queste sono le cose di cui ho bisogno
ma la realtà mi nega questo volo
e tutto ciò può restare, ahimè, solo
un irreale e impossibile sogno.
R. Margareci
12-12-2013
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